A poche settimane dalla presentazione del prestigioso volume “Istantanee Permanenti” (ed Skira), che raccoglie i racconti per immagine dei 5 maestri dello scatto, protagonisti delle edizioni 2009/2012 di Cavallino-Treporti Fotografia - Marco Zanta, Franco Fontana, Guido Guidi, Giovanni Chiaramonte, Fausto Giaccone - giunge a conclusione anche il progetto 2013 che ha visto affidare la rilettura di questo affascinante lembo di terra, tra mare e laguna, alla sensibilità per nulla scontata del quaratacinquenne Filippo Romano, affermato narratore di città e di spazi urbani.
Ecco dunque pubblicato in un bel catalogo edito da Edifir, il reportage, la narrazione di Romano che, formatosi all’International Center of Photography di New York ove ha vissuto per molti anni, ha dato vita con i suoi scatti a una sorta di novella dell’incontro tra uomini e luoghi, fatta di riti, sensazioni, umanità varia in dialogo con l’ambiente.
Una sorta di album di ricordi che mette in luce le forme e i sensi dell’abitare, di chi è parte da sempre di queste terre o di chi vi viene ospitato solo per una vacanza seguendo, nella rilettura proposta, l’incedere del giorno, dall’alba al tramonto fino nel cuore della notte.
Segno del grande amore per il proprio territorio e della volontà di salvaguardia e tutela che indirizza l’azione dell’attuale amministrazione, il progetto Cavallino-Treporti Fotografia - ideato e organizzato da Villaggio Globale International e nato su espressa volontà del Comune del litorale veneziano con il patrocinio della Regione Veneto, il fondamentale sostegno della Vittorio Vianello Spa e la collaborazione di Paolo Palma/Metodo e del Circolo Fotografico 200iso – ha portato in questi anni fotografi di fama internazionale a confrontarsi e indagare senza preconcetti questa terra anfibia, bellissima, che vive una duplice dimensione: da una parte terra di tradizione e di identità, fortemente legata alla natura e dall’altra terra di svago e polo turistico internazionale d’eccellenza (in estate raggiunge le 6.000.000 presenze).
Un viaggio alla scoperta di nuove prospettive, senza maquillage e senza finzioni, attraverso l’occhio magico della macchina fotografica e la diversa personalità di grandi autori, che con i loro scatti implementano il forziere della memoria collettiva, lasciando una testimonianza che – come scrive il Sindaco Claudio Orazio – dà “forza alla consapevolezza della nostra unicità e potrà contribuire alle scelte future di politica e di sviluppo territoriale”.
Filippo Romano dunque nelle sue immagini, in un formato quadrato che polarizza l’attenzione verso il centro della fotografia, sceglie due protagonisti della relazione con l’ambiente: gli essere umani sempre a figura intera, che ci guardano dritti negli occhi o che di spalle guardano l’orizzonte del mare o della laguna, e le case mobili - “moduli del transito” come li definisce lui stesso - che appaiono essere una forma necessaria dell’abitare oggi in questi luoghi, in cui il rapporto con la natura diventa intenso e vitale anche per chi è di passaggio.
“Nell’ultima luce del tramonto sul bordo di un bosco un giovane con lo skate-board, una turista in bicicletta sul limitare delle barene,il primo cittadino in posa con la fascia tricolore, i sacerdoti e le autorità militari sull’attenti in una cerimonia ufficiale, le famiglie accanto alle automobili, i villeggianti che danzano nel crepuscolo della sera. Infine – come si legge nell’introduzione al catalogo di Giovanni Chiaramonte - la notte: una figura di passaggio, sorpresa dallo splendore della luna piena sulle onde del mare, si ferma a fotografare, mentre nella luce calda delle roulottes uomini e donne seduti riposano tenendo lontano il buio che li circonda”.
Così Romano si richiama a “quella genealogia di autori che hanno usato la fotografia come scrittura degli eventi che costituiscono la storia e l’identità dell’uomo nel mondo”: la storia e l’identità di questo magico luogo affacciato sull’Adriatico, incastonato nella laguna, che guarda dritto a Venezia; ma anche storie di viaggi, che Filippo Romano ricollega nell’ambito del progetto a vecchie immagini di riviste di viaggio e motori degli anni Sessanta, che ha voluto inserire in catalogo a margine del racconto su Cavallino –Treporti, insieme alle foto della madre che allora frequentava come turista questi luoghi: “schegge alla deriva di memorie andate di un’idea di viaggio dispersa nella “preistoria” del turismo”.
“Nel luogo del transito impercettibile di milioni di turisti e viaggiatori all’anno, è stato un mio bisogno evocare degli archetipi del rito del turismo e del viaggiare - scrive - farli rivivere nel racconto come frammenti di un’epopea dimenticata, per capire, giocando di sponda qualcosa in più di queste identità umane che, anonime e silenziose, passano estate dopo estate regolari come l’orologio delle maree, lasciando segni minimi ma inequivocabili del loro passaggio nel territorio di Cavallino.